Abbiamo rivolto qualche domanda a don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro che si occupa anche degli ambiti dell’economia, della politica, di “giustizia e pace” e di “custodia del creato”; è anche postulatore della causa di beatificazione di don Primo Mazzolari.
Come Movimento cristiano lavoratori di Bologna siamo al terzo incontro del nostro percorso di formazione annuale: mercoledì 3 marzo, alle ore 21, abbiamo chiesto a don Bruno di aiutarci a gustare il Messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale della pace 2021: “La cultura della cura come percorso di pace”.
Innanzitutto chiediamo a te, che hai uno sguardo su tutta la Chiesa che è in Italia come ci si sta muovendo nelle diocesi: sappiamo che in presenza e nel web ti stai muovendo da nord a sud per incontrare tante realtà ecclesiali: cosa si sta facendo perché non venga meno una riflessione a partire dal vangelo per affrontare le sfide sociali, economiche, ecologiche e politiche?
La chiesa è solo impegnata (giustamente) nella carità, o sta ancora cercando di formarsi e formare dei cristiani capaci di dire ancora il vangelo con la vita?
Il lavoro pastorale della Chiesa è ad ampio raggio. Accanto alle preziose iniziative di carità, lodevoli nel loro operato e nelle motivazioni profonde, la comunità cristiana si mette al servizio delle persone attraverso la formazione. La dottrina sociale della Chiesa rappresenta una bussola fondamentale in questo senso. Non basta conoscerla, ma occorre “praticarla”. E la pratica esige capacità di discernimento nel concreto. Si tratta di capire i segni dei tempi, ovvero l’azione dello Spirito Santo nella storia, e aiutare l’umanità di oggi ad assumere gli stessi atteggiamenti di Gesù, che fu capace di condividere le sofferenze e i drammi della gente e «passò beneficando e risanando» (At 10,38). Per fare questo, bisogna andare oltre l’annuncio di una dottrina: occorre coinvolgersi mente e cuore. Se leggessimo con attenzione l’insegnamento di Evangelii gaudium avremmo una Chiesa sempre più disponibile ad accompagnare le fragilità umane. C’è un Vangelo già attivo sui nostri territori, come ci ricorda papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti 54: lavoratori e volontari che hanno dato la vita anche in tempo di pandemia, si sono presi cura degli altri e hanno annunciato che «nessuno si salva da solo». Questa convinzione non vale perché affermata dal pulpito, ma perché testimoniata sul campo. Ecco il compito profetico e umile della Chiesa in tempo di pandemia!
Ci daresti qualche anticipazione su quello che ci dirai mercoledì sul messaggio del Papa sulla cultura della cura come bussola per “una rotta veramente umana”? Come anche noi possiamo gridare (con la vita più che con le parole!) contro la “cultura” dello scarto?
La cultura della cura è il cuore del messaggio per la Pace 2021. Ciò significa avere il coraggio di collocare al centro la persona nella sua dignità, con le sue fragilità e i suoi limiti, con le sue bellezze e le sue potenzialità. Quando ciò non avviene, finiscono per prevalere le terribili logiche utilitaristiche. Chi non ricorda l’affermazione di un industriale italiano che, in conferenza stampa, si è lasciato scappare riguardo alla vita dei contagiati: «Pazienza se qualcuno muore!»? L’importante è che lo show dell’economia non si fermi. La stessa cosa è capitata con politici, non ultima la proposta di dare la precedenza per i vaccini ai territori che hanno il PIL più elevato. Tutto ciò conferma quanto la cultura dello scarto sia radicata in modo profondo nei criteri di azione delle persone: è mentalità! Così la vita come dono e valore in sè passa in second’ordine! La logica sottostante è immorale: chi non è utile alla società, può essere perduto. Un po’ come succedeva un tempo durante le tempeste: si gettavano in mare i carichi più ingombranti, a partire dai pesi inutili. La differenza è che qui si tratta di persone. Oggi la cultura dello scarto porta a vedere negli anziani, nei disabili, nei nascituri, nei migranti, nei poveri… un peso che non serve. Probabilmente, tra qualche settimana, quando finiranno i sostegni all’economia, molti lavoratori verranno indicati come «esuberi» e saranno buttati fuori dalla produzione. Non serviranno più. Così si rafforza la logica che il lavoro non è un investimento, ma un peso per l’impresa. La mentalità utilitaristica lascia solo vittime dietro di sé. È come un tritacarne disposto a distruggere tutto pur di salvare i profitti di chi vuole ritorni immediati dai suoi investimenti. La vita delle persone conta quel che conta. Sono esistenze inutili. Vite di scarto, per l’appunto. Tale logica è diventata cultura e ha costruito un modello di uomo: accettiamo le guerre che gli innocenti pagano sulla loro pelle, non affrontiamo di petto un’epidemia se miete vittime solo tra popoli abituati alla miseria, produciamo armi distruttive che uccidono innocenti (ritenuti effetti collaterali), non diamo valore ai disoccupati rassegnandoci alla loro perdita sociale, allontaniamo i poveri dal cuore delle nostre città…
Senza centralità della persona il viaggio dell’umanità ha come meta il degrado. La cultura dello scarto espone in vetrina a caro prezzo il mito dell’uomo che non deve chiedere mai. In realtà, la persona soffre, è fragile, fa i conti coi limiti, parte da condizioni di miseria, necessita di cultura: la concretezza fugge ogni comoda idealizzazione. Come scrive papa Francesco: «Ogni persona umana è un fine in sé stessa, mai semplicemente uno strumento da apprezzare solo per la sua utilità».
Sappiamo che parteciperai anche al Programma “Le parole della fede” su TV 2000 alle 19,30 sul tema della pace
Sì, l’intera settimana sarà dedicata al tema della pace. Cercheremo di mettere a tema la ricchezza rigeneratrice che la cultura della cura è capace di portare nella vita delle persone e nelle comunità. La Chiesa ha avversato l’idea della pace come semplice assenza di guerra. C’è bisogno di una radicale conversione e di un cambiamento di prospettiva. La pace è trasformazione della conflittualità presente nell’uomo in nuova occasione per vivere la fraternità. E’ un modo nuovo di abitare le relazioni: con Dio, con i fratelli, con il creato e con noi stessi. Ce lo insegnano sia la Laudato si’ sia la Fratelli tutti. Ma ce lo insegna prima ancora il Vangelo di Cristo. L’idea che la pace non debba essere costruita e la si trovi a buon mercato è astratta, oltre che falsa. La pace è sempre anche pacificazione!
Grazie don Bruno, ci diamo appuntamento a mercoledì 3 marzo, alle ore 21; questo per tutti il link:
https://zoom.us/j/92127094658