L’esodo ucraino, causato dalla guerra scatenata dal Governo russo, tocca il nostro essere cristiani impegnati nel sociale? È con questo impegnativo interrogativo che come CEFAL, ente promosso dal Movimento Cristiano Lavoratori di Bologna, ci siamo confrontati all’indomani della deflagrazione del conflitto. Anche perché diverse realtà istituzionali e associative locali sollecitavano una nostra disponibilità ad impegnarci in relazione al flusso rapido e crescente di ucraini in fuga dal loro Paese.
E la nostra risposta è stata positiva, potendo contare anche sull’esperienza acquisita nell’accoglienza degli immigrati generati dalle guerre in Libia, Siria e Afghanistan.
Questa disponibilità si è quindi concretizzata nell’organizzare Centri di Accoglienza Straordinari diffusi su tutto il territorio regionale e in particolare nel comune di Valsamoggia, dove gestiamo 73 posti e siamo punto di riferimento, in stretto raccordo con il Comune e la Caritas della Zona Pastorale, per quelle famiglie che già dalla fine del febbraio scorso hanno cominciato ad ospitare spontaneamente quasi 100 persone, per lo più madri con figli, senza alcuna certezza circa la durata di tale accoglienza.
Oltre a quanto previsto dalle ordinarie convenzioni delle Prefetture di tutta Italia, CEFAL aggiunge due impegni specifici per favorire l’integrazione dei rifugiati: l’insegnamento della lingua italiana e l’analisi delle competenze professionali dei singoli per l’avvio ad un lavoro stagionale coerente con tali capacità, ben sapendo che la cosa da loro più desiderata è quella di tornare in patria il prima possibile.
In questa nuova sfida una grande collaborazione viene dall’ Amministrazione comunale di Valsamoggia, che si è attivata con la consapevolezza del valore umano, sociale e culturale insito nella situazione, dove tanti soggetti sono coinvolti e tante risorse sono valorizzate.
È incoraggiante vedere la grande disponibilità della gente, disposta ad offrire case, camere, compagnia per familiarizzare con l’apprendimento della nostra lingua, trasporti, attività sportive e ricreative con sorprendente generosità. La frase che più frequentemente si sente dire è “potrebbero essere nostre figlie”.
È un segno importante: se la burocrazia si disarma un po’ e se la politica si impegna concretamente e positivamente, allora la gente accoglie, aiuta, non ha paura e le viene più spontaneo essere solidale che voltarsi dall’altra parte.
Da parte nostra abbiamo la consapevolezza che operare come lavoratori MCL comporta immettere nell’attività professionale la componente del dono, non limitandoci a capitolati e convenzioni, ma portando noi stessi di fronte all’altra persona, per ascoltarla nelle sue esigenze materiali, psicologiche e spirituali, e per mettere a disposizione le nostre capacità e possibilità.
Così capita anche l’inaspettato: come l’applauso di un bambino davanti a un plateau di fragole o come il sorriso delle mamme quando, dopo aver consegnato loro la spesa alimentare, abbiamo dato anche un “inutile” geranio viola.
Fabio Federici, Responsabile dei progetti accoglienza del CEFAL – MCL